Protezione sussidiaria al ricorrente maliano alla luce di criteri valutativi che diano piena conferma di quanto riferito dall’appellante

La Corte di Appello di Palermo con sentenza del 10/10/19 ha riconosciuto la protezione sussidiaria al ricorrente proveniente dal Mali, che in caso di rientro in patria, rischierebbe di essere ucciso dai miliziani jihadisti.

Secondo la Corte di Appello, sostenuta da giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 15794 del 12/06/2019) l’art. 3, comma 5 del d.lgs 251/07 consente di considerare veritiere le dichiarazioni del richiedente asilo, se questi ha compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda; se tutti gli elementi pertinenti in suo possesso sono stati prodotti e sia stata fornita una idonea motivazione dell’eventuale mancanza di altri elementi significativi, e infine, se le dichiarazioni del richiedente, oltre ad essere coerenti e plausibili, non sono in contraddizione con le informazioni generali e specifiche pertinenti al suo caso, di cui si dispone.

Infatti – secondo la Corte di Appello – la storia e le descrizioni fornite dal ricorrente, appaiono perfettamente conformi al rapporto sul Mali redatto dall’European Asylum Support Office, sebbene la Commissione territoriale e il giudice di primo grado, invece, ritenevano le dichiarazioni dell’appellante lacunose e contraddittorie.

Il ricorrente raccontava di essere fuggito dal Mali per sottrarsi agli arruolamenti forzosi dei miliziani jihadisti che reclutano i propri membri a livello locale, nella speranza di stabilire una presenza più duratura nelle regioni soggette al loro controllo. L’obiettivo di queste organizzazione è l’instaurazione di un’interpretazione fondamentalista della sharia in tutto il mondo musulmano. 

Tali circostanze, seppur con pochezza di mezzi espressivi, sono state riportate dal ricorrente in sede di audizione e risultano perfettamente analoghe a quanto riportato sul web.

Ed invero, occorre specificare che dal 2012 il Mali è travolto da un’interminabile guerra che vede coinvolti il Movimento Nazionale di Liberazione dell’Azawad, che rivendica l’indipendenza della regione di Azawad (a nord del paese) rispetto al governo di Bamako.

Immagine di radioblackout.org

Il Mali, pertanto, sta attraversando una delicata fase di stabilizzazione, ove le stesse autorità maliane e le missioni dell’ONU, trovano difficoltà a ristabilire l’ordine e a reinsediarsi nelle principali città del nord.

Secondo l’UNHCR, il Mali sta vivendo una delle peggiori crisi dei diritti umani: oltre ad essere uno dei più poveri dell’Africa, in Mali malnutrizione, intimidazioni, violenza fisica, uccisioni arbitrarie, ecc., non trovano soluzione.

Sussistono, pertanto, elementi sufficienti a ritenere – con la dovuta certezza – che il ricorrente “…se ritornasse nel Paese di origine … correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno” (cfr. art. 2 lett. g D.lgs. n. 251/2007), quest’ultimo inteso quale …minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale. (cfr. art. 14 lett. c D.lgs. n. 251/2007), “…non potendo o non volendo avvalersi della protezione di detto Paese”.

 

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